Lo sfogo del figlio di un medico: basta prendersela con la Lombardia
Aprile 11, 2020Guglielmo Vignati, 25enne di San Zenone al Lambro, ha visto il papà medico di base finire in terapia intensiva
Il suo è anche e soprattutto un grido d’allarme per i tanti, troppi medici morti. Lui che ha vissuto in prima persona la paura, l’angoscia e le preoccupazioni per il padre Giuseppe, per tutti Pino, 62enne medico di base a Borghetto Lodigiano e dermatologo in una clinica di Lodi. “105 medici morti, 105 vite spezzate professando il proprio lavoro. Ho visto mio padre finire in terapia intensiva nei primi di marzo – si legge nel suo post – non stando bene da fine febbraio ha continuato ad accompagnare i propri pazienti in ambulanza ogni santo giorno. Sapete il governo quando gli ha fornito le giuste precauzioni? La prima settimana di marzo. Secondo voi le precauzioni per una pandemia straordinaria andavano forniti dalla Regione Lombardia? Ringrazio ancora il cielo di essere in Lombardia e non in nessun’altra regione d’Italia, perché chissà quanti medici morti in più potevano esserci se non fossimo stati nella tanta odiata Lombardia”.
Contattato telefonicamente, Vignati che lavora nell’ufficio marketing del Chievo Verona e gioca come centrocampista nell’Oriese, in Prima Categoria, dopo aver iniziato nella squadra del suo paese, la Locomotiva di San Zenone e aver quindi giocato con Pavia, Pergocrema, Sant’Angelo, Atletico Cvs e Valera Fratta, spiega meglio il suo sfogo: <Premesso che la politica non c’entra nulla nel mio discorso – precisa – credo però che non si debba scaricare sulla Regione Lombardia la responsabilità di tutto. A mio padre, l’ordine dei medici, ha fornito i dispositivi di sicurezza per un anno, ma in questa situazione sono durati una settimana e ciò lo ritengo una grave mancanza da parte dello Stato, perché questa è un’emergenza nazionale che tra l’altro era stata dichiarata dal 31 gennaio>.
Il giovane di San Zenone continua dil suo racconto continua poi il suo racconto: <Papà a fine febbraio non stava bene, ha fatto il tampone, ma è risultato negativo, nonostante tutto ha continuato a lavorare, poi quando si è aggravato lo hanno ricoverato prima all’ospedale di Vizzolo e poi successivamente al 12 marzo è stato trovato positivo. Lo hanno quindi trasferito a Vimercate dove ha fatto nove giorni in terapia intensiva, da domenica 19 marzo e lunedì 27. Ora fortunatamente sta meglio, anche perché è uno sportivo e quindi il suo fisico ha reagito bene, però ce la siamo vista davvero brutta>.
Andrea Grassani